Dati Statistici
Il primo aspetto da considerare quando si parla
di tecnologie sanitarie e di protesi acustiche è l’ampiezza e la complessità
del problema che contribuiscono ad affrontare.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
definisce deficit uditivo l’inabilità a sentire come una persona normo udente.
L’ipoacusia è legata a diversi fattori e “agli effetti combinati di tossicità
ambientale in termini di rumore e danno metabolico-ossidativo, invecchiamento,
malattia ed ereditarietà”.
All’identificazione dei
problemi di ipoacusia possono concorrere diverse procedure e, accanto alla
valutazione audiologica e all’otoscopia, hanno un ruolo importante anche i
questionari di autovalutazione sulla cui base i pazienti riferiscono la loro
percezione di presenza di un “udito non normale” basandosi sulle risposte a
diversi item relativi alla percezione, discriminazione, localizzazione,
lateralizzazione del suono e la discriminazione del parlato nel silenzio e nel
rumore.
In termini
epidemiologici, la prevalenza in Italia dei problemi uditivi è stimata pari al
12,1% della popolazione, circa
7 milioni di italiani con ipoacusia con una significativa differenziazione tra
le classi di età e un aumento significativo con l’invecchiamento (da
percentuali che non superano il 10% della classe di età 13- 45 anni al 25% di
chi ha dai 61 agli 80 anni, fino al 50% tra gli over 80).
Alla luce
dell’invecchiamento della popolazione, utilizzando anche le stime di prevalenza
per classe di età dell’AIRS (Associazione Italiana Ricerca Sordità) si evince
una generale crescita progressiva del numero di persone con problemi di
ipoacusia: si va infatti dai 6.923.000 del 2012 ai 7.258.000 del 2018, con un
incremento complessivo del 4,8% nel periodo considerato. Tuttavia, pur a fronte
del ben più consistente numero rappresentato dalle persone con 60 anni e più
(oltre 5.000.000 nel 2018), l’incremento maggiore si riscontra, oltre che nella
classe degli ultraottantenni, nella classe d’età di età intermedia (dai 46 ai
60 anni) quella più esposta ai rischi di tipo ambientale (+9,8% contro il
+7,7%).
Si tratta inoltre di
una quota che appare più elevata tra gli uomini: 13,4% contro il 10,4% delle
donne.
Una considerazione a
parte meritano le persone con problemi gravi di sordità che secondo le
rilevazioni dell’Istat ammontano a poco più di un milione di persone dai 15
anni in su, di cui il 78% anziani, con una maggiore presenza di persone di
sesso femminile, che dichiarano condizioni di sordità e sordomutismo in misura
maggiore (52,4% contro 47,6% sul totale.
Anche in questo caso
l’età si configura come un fattore di rischio rilevante ma, più in generale,
tra gli altri fattori di rischio di tutti i problemi dell’udito, hanno un forte
peso anche quelli ambientali, legati all’esposizione ai rumori in ambiente di
vita e di lavoro.
Inoltre, considerando i
dati relativi ai casi accertati di malattie professionali legate all'udito,
emerge che, nonostante la riduzione nel corso degli anni, la quota di casi di
questo tipo sul totale delle malattie professionali continua a essere la terza
in ordine di importanza, rappresentando nel 2017 l’8,6% del totale.
Un altro aspetto che ancora attiene alla complessità di questo
tipo di disturbi ha a che vedere con il legame tra problemi di udito e deficit
cognitivi. Sono ormai molti gli studi che hanno indagato sui cambiamenti che
intervengono nel cervello a seguito della ridotta stimolazione sensoriale nei
pazienti con un calo dell’udito e che mettono in luce l’importanza della
conservazione delle funzioni uditive fisiologiche e della tempestiva
riabilitazione acustica, per i suoi effetti sulla prevenzione del
deterioramento cognitivo e anche di molte forme di demenza.
Il legame fra udito e cervello è molto stretto e bidirezionale:
da un lato lo stimolo uditivo è importante perché attiva la corteccia cerebrale
a tutto campo, dall’altro i processi cognitivi influenzano il “come” si sente.
Sono diverse le ipotesi sui meccanismi attraverso cui si
sostanzia il legame fra perdita uditiva e alterazioni cerebrali: l’ipoacusia
aumenta l’impegno necessario all’ascolto degradando il messaggio e comporta un
carico cognitivo durante l’elaborazione dei dati che “affatica” il cervello e
riduce le risorse di attenzione e cognitive disponibili per altri compiti. È
presente anche il riferimento a meccanismi eziopatologici condivisi come
l’invecchiamento e la malattia microvascolare e nei fatti la correlazione fra
demenza e perdita dell’udito risulta in molti studi: una volta tenuto conto di
fattori confondenti come età, sesso e stile di vita, la presenza di un calo
dell’udito legato all’età è risultata incrementare di oltre 3 volte la
probabilità di demenza.
Il trattamento dei deficit acustici attraverso soluzioni uditive
appare dunque efficace per ritardare la comparsa di disturbi cognitivi
mantenendo una buona funzionalità cerebrale e ha un enorme valore preventivo
per forme patologiche fortemente connesse all’invecchiamento e dal costo
scoiale particolarmente elevato.
Nel complesso
quindi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oggi le persone con
ipoacusia siano 466 milioni in tutto il mondo e che nel 2050 questo numero
raddoppierà, raggiungendo circa 900 milioni di persone nel mondo. Soltanto in
Europa, il numero di persone con perdita uditiva autodiagnosticata è oggi di 70
milioni e aumenterà a 104 milioni entro il 2050.
Ipotizzando per
l’Italia un andamento simile a quello previsto per l’Europa, ma a partire da
una percentuale di ipoacusici più elevata che ingloba il più significativo
tasso di invecchiamento della popolazione italiana, si può prevedere per il
2025 un numero di persone con calo uditivo autodiagnosticato pari a poco più di
8 milioni e per il 2050 compreso tra i 10 e gli 11 milioni di persone.
- Argomenti di Acta Otorhinolarynologica Italica vol.1, n° 1
maggio 2007
- Stime AIRS (Associazione Italiana Ricerca Sordità) citate in
Assobiomedica “La
posizione associativa in tema di riforma del d.m. 332/99 e dei livelli
essenziali di assistenza (LEA) sordità, apparecchi acustici e modalità di
acquisizione da parte del SSN.”
- Self-Reported
Hearing Loss, Hearing Aids, and Cognitive Decline in Elderly Adults: A 25-Year
Study Amieva H1, Ouvrard C1, Giulioli C1, Meillon C1, Rullier L1, Dartigues
JF1., 2015